Poi la televisione ha fatto in modo che tutti, davanti allo schermo, potessero vedere gli effetti della difficile strada del ciclismo. Solo recentemente, però, le tecniche e le apparecchiature di ripresa hanno consentito di osservare più da vicino – quasi spietatamente – il travaglio dei ciclisti in balia delle avverse condizioni atmosferiche.È impressionante osservare i volti dei corridori che cercano finalmente di uscire dalle folate di vento laterale e pioggia scrosciante, anche se sanno perfettamente che le previsioni del tempo hanno annunciato bruttissimo tempo per tutta la durata della corsa.
È altrettanto sconvolgente vedere scatenarsi la lotta cercando di sfruttare al massimo le occasioni che il maltempo fornisce.
Allora i volti dei corridori uniscono alla sofferenza l’agonismo e se ne infischiano della tribolazione degli avversari che sono rimasti incastrati in un ventaglio più arretrato e che cercano, aggrappati coi denti al manubrio, di recuperare il distacco combattendo contro il vento contrario.
Perché, lo sanno tutti, basta la distrazione d’un attimo, magari per non rischiare una caduta in discesa con la strada bagnata, e si rimane attardati, senza più speranza di ricongiungersi al gruppo dei migliori.
Così può accadere che dopo aver lottato per diverse decine di chilometri col maltempo, il primo che emerge in fondo al rettilineo d’arrivo, una volta sotto lo striscione del traguardo, non abbia neppure la forza di alzare le braccia al cielo o di sorridere per festeggiare una vittoria in una classica-monumento o in una frazione d’un’ importante corsa a tappe.
Allora, quando un’inquadratura da vicino immortala il volto d’un corridore solcato da smorfie di sofferenza e dolore, non si può far altro che provare un’ammirazione sconfinata per chi percorre ogni giorno la difficile strada del ciclismo.