L’ assenza della Parigi – Roubaix, ne moltiplica l’importanza. Daniele Bennati racconta la sua esperienza sulle pietre nella Parigi - Roubaix e nel Giro delle Fiandre.

    L’assenza talvolta è più rilevante della presenza. Quando accade significa che chi manca è davvero molto importante. Perciò il clamore e la delusione per lo spostamento della Parigi – Roubaix 2021 sono i segnali più evidenti di quanto la corsa sia, dopo 125 anni, un indiscutibile emblema del ciclismo.

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    Non a caso, infatti, quando si pensa alle classiche del Nord, la prima immagine che viene in mente sono le pietre, ma non limitate a un breve tratto. L’idea è quella d’una lunga distesa di pavé sconnesso su cui pedalare. Perciò la corsa delle pietre per eccellenza è la Parigi – Roubaix e l’istantanea che meglio la rappresenta è il lunghissimo rettilineo di pavé che attraversa la Foresta di Arenberg.

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    Se per gli appassionati la Foresta di Arenberg e il Carrefour de L’Arbre sono i simboli d’un’epoca leggendaria del ciclismo, per i ciclisti professionisti questi due tratti di pietre sconnesse sono un vero e proprio grattacapo, soprattutto se si è cresciuti lontani dai selciati irregolari del nord della Francia e del Belgio.

    Daniele Bennati ricorda per Wilier Triestina la sua prima avventura nel Grande Nord: “Quando stavo per affrontare il pavé per la prima volta ero un po’ preoccupato. Era il 2003 e corsi sia il Fiandre che la Roubaix. Per fortuna ero molto amico di Franco Ballerini che mi diede dei consigli molto utili che riguardavano soprattutto la Parigi – Roubaix di cui, come sanno tutti, è stato un grandissimo protagonista.

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    Ricordo che mi disse che era necessario comportarsi in modo opposto rispetto a ciò che l’istinto suggeriva. Non bisognava affrontare il pavé stringendo forte il manubrio, a causa del naturale timore di perdere il controllo della bicicletta. Al contrario, quando si imboccano i tratti di pavé a 50 all’ora, è importante toccare appena il manubrio, come appoggiandosi su un cuscino d’aria. È l’unico modo per assorbire efficacemente gli urti provocati da quel tipo di tracciato. Tranne i tratti più famosi che sono una sorta di monumento nazionale, sono strade che vengono normalmente percorse durante l’anno dai trattori degli agricoltori e quindi è facile comprenderne lo “stato naturale”.

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    Franco mi suggerì anche di stare un poco più arretrato in sella, così da sopportare meglio gli impatti che sono, alla fine, il vero criterio di selezione della corsa. Diciamo che i suoi consigli mi sono stati soprattutto utili quando siamo passati su quelle strade durante il Tour de France o l’Eneco Tour, in cui correvo per la classifica a punti. Per esempio, nel Tour de France 2007 abbiamo percorso al contrario parte del tracciato della Roubaix nella tappa da Waregem a Compiègne ”.

    Nonostante molti distinguano tecnicamente le due corse, per Daniele Bennati non esiste un netto dualismo tra la Parigi – Roubaix e il Giro delle Fiandre.

    “Anche se sembrano molto differenti i criteri in cui avviene la selezione durante le due corse – i tratti di pavé nella Roubaix e i muri nel Giro delle Fiandre – in realtà esprimono valori molto omogenei rispetto alla differenza di percorso.
    Spessissimo uno specialista del Giro delle Fiandre ottiene grandi risultati a Roubaix. Questo dualismo apparente produce dei risultati abbastanza divertenti. Per esempio, ho notato che alcune case costruttrici producono modelli di biciclette votate espressamente alla Parigi – Roubaix, cioè ideate e costruite per il pavé sconnessissimo della Roubaix. Poi però quando ci si raduna alla partenza del Giro delle Fiandre ci si rende conto che le medesime biciclette vengono normalmente usate anche su quel percorso, finendo per dimostrare che, in realtà, questa grande differenza tecnica di fatto non esiste”.

    Rimane tuttavia una grande discriminante che distingue le due grandi classiche del Nord dalle altre corse, italiane in particolare: “Ciò che rende molto simili il Giro delle Fiandre e la Parigi – Roubaix è anche il contesto culturale in cui si svolgono. Si comprende subito, appena si arriva, che la bicicletta gode d’una considerazione e d’un rispetto che, per esempio, in Italia sono ancora molto lontani.
    Nelle Fiandre il ciclista è considerato alla stessa stregua dell’automobilista: i due mezzi di trasporto godono della medesima considerazione. Per questo la qualità delle piste ciclabili è sempre e comunque ottima, neppure confrontabili con i precari standard italiani. È perciò necessario creare anche in Italia lo stesso meccanismo virtuoso che si autoalimenta nelle Fiandre francesi e belghe.
    Il rispetto del ciclista fa in modo che lassù il ciclismo sia lo sport nazionale e, allo stesso tempo, l’importanza del ciclismo conduce a un maggior rispetto verso chi usa abitualmente la bicicletta. Questo sarebbe un gran bel passo avanti in ciò che chiamiamo Educazione Civica e il sentimento di profondo rispetto rimane indipendentemente dallo spostamento della Roubaix. Anzi, direi che proprio l’assenza della corsa l’amplifica di più”.

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