Jena - Dustin Klein Tundra; Matt
Jena è una bici leggera, reattiva, maneggevole, con geometrie racing-confort, in grado di adattarsi ai molteplici usi richiesti ad una bici gravel.
Il Deserto del Gobi è un sogno d’infanzia per chi s’è nutrito dei libri di Giulio Verne e di vecchie enciclopedie con su le immagini dei nomadi del deserto. Il sogno, che poi diventa desiderio, è quello di scoprire per la prima volta luoghi che nessuno ha mai veduto e, se questo oggi non è più possibile, quantomeno provare sensazioni che nessuno ha mai provato.
Perciò Omar Di Felice ha mescolato le intenzioni orientali di Marco Polo con la passione artica e antartica di Roald Amundsen, aggiungendovi la sua bicicletta gravel Jena UNICO.
Ecco come tutto è diventato la Prima Traversata Invernale del Deserto del Gobi (in bicicletta).
L’impresa era stata programmata in modo rigoroso nei tempi e nei modi e già, per sua natura, si rivelava “più estrema ancora”, perché gli elementi del tutto aleatori erano legati alle condizioni atmosferiche – temperature in febbraio oscillanti tra i -20 e -40 gradi Celsius accompagnate da tempeste di sabbia – e alla reale esistenza di piste percorribili.
A ciò s’è unita l’emergenza Covid-19 che ha fornito, oltre a quelle “naturali”, altre difficoltà che si sono esplicitate in una lunga sosta per motivi precauzionali a Dalanzadgad, dopo 1000 chilometri di corsa, immediatamente prima d’entrare nel Parco Nazionale di Gobi Gurvansaikhan, dove alle aridità rocciose connaturate al deserto mongolo s’uniscono le dune di sabbia.
Da lì è ripartita l’avventura, con un conseguente rallentamento sulla tabella di marcia, ma, nonostante tutto, Omar ha raggiunto l’obiettivo prefissato: completare il percorso previsto (Ulan Bator, Sajnsand, Dalanzadgad, Bajancagaan, Altai) entro la fine dell’inverno.
La Prima Traversata Invernale del Deserto del Gobi su una bicicletta gravel è stata perciò portata a termine con la sua scorta di temperature inenarrabili, inusitate tempeste di sabbia, difficoltà pandemiche, ma anche con immagini, sensazioni e incontri che già fin d’ora Omar è consapevole di non dimenticare mai.
Tuttavia ciò non è stato ancora sufficiente. Permanendo l’impossibilità di ritornare rapidamente in Italia a causa della sospensione dei voli internazionali, Omar ha deciso di proseguire il suo viaggio in bicicletta per tornare a Ulan Bator attraversando il fiume Zavkhan, costeggiando i Monti Targavatai, proseguendo verso nord sino quasi al Lago Khovsgol, per poi scendere a est sino alla capitale. Alla fine del viaggio i chilometri percorsi sono stati 2270.
2270 chilometri che, a guardarli su una mappa, s’estendono a sud sin quasi al confine con la Cina, davvero molto vicino al tragitto raccontato nel Milione da Marco Polo, e a nord sin quasi alla Russia e alla Irkutsk di Michele Strogoff e Giulio Verne.
Luoghi reali, ma che si confondono col romanzo e col mito.
Puoi scoprire i dettagli dell’avventura di Omar Di Felice su Strava.
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