Una bicicletta custom non è per nulla una civetteria. Niente affatto.
Una bicicletta custom è il modo migliore per ammettere che con la propria bicicletta da corsa si ha un rapporto particolare. Persino esclusivo. Perché tutti sanno che nessun ciclista appassionato la considera un oggetto: è molto, molto di più. È molto di più, per esempio, della propria automobile, che, per spiegare meglio il tipo di relazione che può intercorrere, in America chiamano la sposa meccanica. L’automobile ha il suo motore e neanche al cultore più emozionalmente coinvolto passerà mai per la testa che si sta andando in qualche luogo, più o meno lontano, insieme. Percorrere una strada è il mero rapporto tra la vettura e il carburante, null’altro.
Con la bicicletta no.
Con la bicicletta si va insieme – cioè il ciclista e Lei – sopra il Monte Grappa, sopra lo Stelvio, sopra il Mont Ventoux o sino a Castellania: dove finisce la strada dei Colli Tortonesi. Ecco perché – come raccontato in 2011 – L’impresa di Michele Scarponi, accade che nei momenti di difficoltà i ciclisti parlino con la propria bicicletta e Le chiedano, per favore, di non mollarli adesso. Perciò non c’è nulla di strano – almeno per gli appassionati – ascoltare qualcuno raccontare della notte passata “insieme” alla bicicletta da corsa, nel senso di trascorsa nella medesima stanza.
Non c’è imbarazzo nello svelare che con Lei si è violata la sacralità del talamo.
Sono queste le ragioni per cui, senza alcun pudore, si considera la bicicletta il prolungamento di sé stessi e per questo si tenta di darLe la propria impronta caratteriale: il proprio stile.
La customizzazione.